“L’Europa si apre agli islamisti, ma non sa quello che l’aspetta”
Questo articolo è stato pubblicato su Gli Occhi della Guerra il 1 gennaio 2018.
(Da Tunisi) Il paradosso di un’Europa che nega il cristianesimo ma tollera i musulmani più radicali. Questa è l’impressione che si ha quando si parla di immigrazione e islam in Tunisia. E questa impressione, stranamente, è condivisa anche in molti Paesi musulmani dove c’è chi è disposto a parlare francamente di questi temi, anche se coperto da anonimato per motivi di sicurezza.
Come succede in Tunisia, l’unico Paese che è sopravvissuto alla primavera araba di sette anni fa, dove vive una minoranza di persone che ha lasciato l’islam ed è diventata atea o cristiana; e dove ci sono anche musulmani moderati che trattano il tema dell’islamismo in Europa senza peli sulla lingua.
Ahmed era un estremista islamico. Voleva partire dalla Tunisia per combattere con Jabhat al-Nusra, il gruppo estremista che fa parte delle forze ribelli siriane, in Siria. I suoi amici erano morti sul campo di battaglia e lui sentiva il dovere di “rivendicare la causa di Allah”. Poi ha sentito il messaggio del vangelo e, poco dopo, Ahmed ha deciso di convertirsi al cristianesimo. “Mi sono convertito dalla religione della guerra alla religione dell’amore”, ci spiega. “Ero pieno di rabbia e, quando ho trovato il cristianesimo, ho capito che potevo vivere in pace”. Quando Ahmed inizia a parlare di terrorismo islamico in Europa, racconta: “L’islam in Europa è come un virus”. Spiega, senza battere un ciglio, che se fosse europeo voterebbe i “populisti” e, quando viene a sapere che c’è chi accusa questi movimenti di essere razzisti, scoppia a ridere. Ahmed, in passato, credeva in una versione estremista dell’islam: “Credimi, conosco il vero islam: il Corano era il mio credo e conosco tutti i versetti”. Secondo lui il vero islam è quello dei gruppi estremisti, ed i musulmani moderati non sono veri musulmani: “Non esiste l’islam moderato, c’è il vero islam e il finto islam. Quello vero è dei gruppi come Daesh (Isis)”.
In questa comunità di convertiti c’è anche un ragazzo che ha provato ad esprimere il suo bisogno di convertirsi al cristianesimo ad un suo amico musulmano, ricevendo in cambio una minaccia: “Se ti converti avrai una lama alla gola”. La conversione, secondo i testi degli Hadith(le pratiche del Profeta Ndr) , sarebbe proibita nell’islam, anche se ci sono delle comunità di musulmani che la permettono. Un’altra ragazza convertita al cristianesimo dice di non essere riuscita a dirlo ai suoi genitori: “Penserebbero che mi sono convertita per bere alcool o non dovere mettermi il velo, in realtà io mi sono convertita perché credo nell’amore di Gesù Cristo”.
Tra questi cristiani che vivono una vita di reclusione c’è chi è venuto dall’Europa per predicare il messaggio di Cristo nelle poche chiese che, durante la colonizzazione francese, sono state costruite in Tunisia. Uno di loro è venuto dalla Gran Bretagna e lavora nell’unica chiesa anglicana protestante. Quando gli chiediamo perché ha deciso di intraprendere una scelta così radicale, racconta di avere ricevuto un messaggio da Dio e che, come cristiano, non si sentiva nemmeno il benvenuto in Europa. “In Gran Bretagna mi sentivo quasi perseguitato dall’ateismo: è diventata una forza talmente potente che i cristiani praticanti si sentono a disagio a predicare la loro religione”. Chiama l’ateismo in Europa un “ateismo fondamentalista”. E spiega: “Almeno in Tunisia sono circondato da persone che credono in Dio, anche se è un Dio diverso dal mio: comunque ci credono, e su questo abbiamo qualcosa sulla quale possiamo relazionarci”. Paradossalmente dice che – nonostante la mancanza di libertà, il non poter suonare le campane della sua chiesa, il non potere predicare il messaggio di cristo in pubblico, il dovere chiedere allo stato di fornirgli forze armate durante la messa – si trova bene in Tunisia proprio per questo senso di solidarietà nella religione.
Belil invece è un ateo. Dice di avere lasciato la sua religione di nascita (l’islam) dopo avere capito che era “falsa ed oppressiva”. Ama leggere libri europei, conoscere la ragione e la scienza. Ma deve usare un profilo anonimo sui social perché ha paura di essere aggredito per le sue opinioni, nonostante la Tunisia sia uno dei Paesi più laici del mondo arabo. Belil chiede: “Ma perché l’Europa si sta facendo questo? Sono pazzi?”. Si riferisce all’immigrazione islamica, ma non solo. La sua paura riguarda anche come gli europei trattano i temi del fondamentalismo e il terrorismo islamico. Pensa che tutte le religioni siano ugualmente false, ma non tutte ugualmente malevoli. “I cristiani e gli ebrei non cercano di ucciderti per blasfemia”. Cerca di capire perché gli europei sono così ostili al cristianesimo usando il pretesto della laicità. e allo stesso tempo. sono così attenti quando trattano l’islam.
Nadia, invece, è una donna musulmana che lavora in politica. Lei si definisce “moderata”. Non usa il velo e lavora per l’unico partito laico in Tunisia, quello di Nidaa Tounes, che compete con quello islamista dell’Ennahda. Non sopporta che l’occidente abbia supportato movimenti come la primavera araba e le forze islamiste, usando il “falso pretesto della democrazia”: “Non sono democratici, sono islamisti che usano la democrazia per spargere il fondamentalismo”. Sebra è poi convinta che accogliere in Europa i musulmani che si sentivano perseguitati dai regimi laici durante le primavere arabe sia stato un errore: “L’Europa sta aprendo le braccia a questi islamisti, e non ha idea di ciò che l’aspetta”.