Libia, ecco chi controlla il traffico di essere umani
Questo articolo è stato pubblicato su Gli Occhi della Guerra il 19 febbraio 2018.
In Libia i trafficanti di persone continuano ad agire indisturbati e a crescere. Nonostante l’accordo preso ad agosto tra il Governo di accordo nazionale (Gna) di Tripoli e il governo italiano per fermare gli sbarchi, poco è cambiato all’interno del Paese nordafricano.
Molti media internazionali raccontano che in Libia sono presenti dei veri e propri mercati di schiavi. In realtà questa compravendita di persone esiste sin dalla Seconda guerra civile del 2014, come ci spiega Mac K B Simpson, un ghanese che vive a Tripoli e che ha realizzato diversi libri sul fenomeno migratorio. “I libici sono perplessi dal fatto che solo adesso i media si scandalizzano dai mercati di schiavitù, quando in realtà sono anni che esistono”.
L’unica cosa che è cambiata, ora che la rotta del Mediterraneo è stata chiusa, è che i migranti finiscono nei centri di detenzione sotto il Governo di accordo nazionale per essere poi rimpatriati nei loro Paesi di origine. La maggior parte dei centri si trova nell’area intorno a Tripoli, mentre ve ne sono altri anche a Misurata , sotto il controllo del Congresso generale nazionale (Gnc), a prevalenza islamista e rivale sia del Gna a Tripoli che delle forze dell’est del generale Khalifa Haftar.
Il problema principale riguarda i migranti che continuano ad entrare in Libia e che non escono più dal Paese, provocando così un sovraccarico di persone. Il Governo di accordo nazionale sostenuto dall’Italia controlla a malapena Tripoli, mentre le zone nel nord-ovest al di fuori della capitale sono sotto il controllo di varie milizie con alleanze che cambiano continuamente. La desertica regione meridionale del Fezzan, l’area che viene attraversata per prima dai trafficanti, è invece sotto il controllo di diverse tribù.
Il Fezzan Libya Group, un’organizzazione basata a Sebha e dedicata alla ricerca dei conflitti nell’area, afferma che il confine tra la Libia e il Niger è controllato al 90% dalla tribù di Tebu. Una a fonte di questa organizzazione – che ha preferito rimanere anonima – rivela però i suoi timori: non crede infatti che le truppe italiane lì stanziate riusciranno a fermare i migranti in quanto i militari francesi, che si trovano in una base poco distante, lasciano operare i trafficanti liberamente. “Chi ci dice che gli italiani si comporteranno diversamente? Secondo me, l’Unione europea non vuole realmente fermare il fenomeno migratorio perché ne ha bisogno”.
Il sud della Libia invece è terra di nessuno sin da prima della rivoluzione del 2011 che ha deposto il colonnello Mu’ammar Gheddafi. Il Fezzan è sempre stata una regione piuttosto autonoma dal potere centrale e controllata da varie tribù in lotta tra loro per il controllo del territorio. “Il traffico di persone sotto Gheddafi occorreva solamente nel sud, dunque non era un business lucrativo”, spiega la fonte dell’organizzazione Fezzan. Ma adesso questo controllo non c’è più. Il nord-ovest della Tripolitania dovrebbe essere sotto il controllo del Governo di accordo nazionale di Tripoli, ma ci sono anche gli islamisti di Misurata. Mentre l’est della Libia è controllato dalle forze militari del generale Khalifa Haftar. La fonte dell’organizzazione del Fezzan spiega che, però, il sud della Libia ha più simpatie verso l’Esercito nazionale libico (Lna) di Khalifa Haftar rispetto a quelle del Governo di accordo nazionale.
La rotta dei migranti
I migranti fanno il loro primo ingresso nel deserto, e vengono subito catturati dai contrabbandieri che appartengono alla tribù Tebu, che controlla la rotta fino a Sebha. La tribù rivale dei Tuareg invece controlla la rotta dalla città di Ubari fino a quella principale di Sebha, mentre la terza tribù più importante di Awlad Sulieman, che si trova a Sebha, controlla una piccolo tratto fino a Brak El-Shaiti. L’ultima tribù, infine, è quella dei Megarha, poco conosciuta, ma che controlla la rotta fino ad Ash Shwayrif, più a nord verso la Tripolitania.
Queste tribù si scontrano spesso, come è successo la notte del 31 gennaio tra Tebu e Awlad Sulieman, dimostrando quanto sia in realtà fragile l’accordo a Roma preso nel marzo dell’anno scorso tra le tribù principali del sud e il governo italiano per fermare le ondate migratorie.
Giunti nella Tripolitania, invece, si trova un caos di milizie con alleanza diverse. “Ora molte milizie sono finite sotto il controllo del Governo di accordo nazionale grazie ai finanziamenti da parte dell’Italia, ma rimangono comunque milizie ribelli che continuano ad essere coinvolte nel traffico di persone”, spiega Simpson.
Fino a poco tempo fa, le milizie coinvolte nel traffico di essere umani vendevano i migranti agli imprenditori libici che chiedevano una mano d’opera a basso costo, ma essendo diminuite le opportunità lavorative, i migranti rimangono nelle mani delle milizie. “Ora che non riescono più a portare i migranti in Europa od a vederli ai libici benestanti, le milizie si vendono i migranti tra di loro cercando di estorcerli per permettergli di tornare a casa”, ci spiega Simpson.
La fonte dell’organizzazione del Fezzan parla anche della discriminazione da parte dei libici verso gli africani. Ma il giornalista del The Libya Observer, Dzsihad Hadelli, spiega a Gli occhi della guerra che, nonostante il razzismo sia evidente, queste accuse rappresentano anche un luogo comune: “Molti trafficanti provengono dall’Africa sub-sahariana, quindi non sono proprio tutte vittime, e anzi a volte sono i libici stessi, che vengono rapiti da questi trafficanti per dei riscatti, a farne le spese”. Nel sud della Libia, per esempio, ci sono molti trafficanti di origine sub-sahariana che vengono armati dalle milizie libiche del nord. Tra questi, secondo le statistiche del Consiglio di sicurezza nazionale delle Nazioni Unite, sono coinvolti soprattutto gli africani provenienti dal Ciad e dal Sudan.
Le milizie che si trovavano sulla costa ovest della Libia a Sabratha, Zawaia e Zuara, che imbarcavano i migranti verso le coste italiane, sono state fermate dal Governo di accordo nazionale dopo il patto siglato ad agosto con il governo italiano. Gli scafisti, però, non si sono fermati del tutto. Anzi, adesso, secondo Simpson, si è creata una nuova rotta migratoria a Garabulli, a est di Tripoli.
Haftar è l’unico che riesce a controllare la zona est della Libia e a poter fermare la criminalità organizzata in quell’area, ma sarebbe molto difficile per lui riconquistare la Tripolitania, che è governata da milizie che lo odiano profondamente e che sono leali ai due governi del Gna o del Gnc islamista a Tripoli.
“C’è bisogno di una autorità legittima che riesca a mettere fine alla criminalità, altrimenti il traffico di persone continuerà con la migrazione,” aggiunge Simpson.